Si avvicina il primo maggio, festa dei lavoratori.

Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire” fu lo slogan australiano che nel 1855 prese piede nel movimento sindacale del primo Novecento. È proprio da lì, da questa idea di scansione giornaliera, che si apre la ricerca di un “lavoro migliore” e di un giorno simbolico, appunto il 1° maggio, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per ricordare al mondo la propria autonomia e indipendenza, ma soprattutto la propria forza di classe lavoratrice.

Forse a volte si dimentica il significato storico di questa ricorrenza che soggiace tra l’essere un giorno di festa, di svago e di antica mobilitazione di lotta.

Un binomio che accompagna la celebrazione del 1° maggio fin dalla nascita e lungo la sua intera evoluzione più che secolare. Festa e lotta ne sono i concetti chiave: celebrazione e rivendicazione dei diritti, i fautori della caratterizzazione di questa giornata.

1° maggio: l’inizio della storia

La scansione del giorno in periodi di otto ore fu proprio l’inizio. Dalla Prima Internazionale, ossia il congresso dell’Associazione internazionale dei lavoratori, riunitosi a Ginevra nel 1866, nacque una proposta concreta di legalizzare l’attività lavorativa e di imporre come limite giornaliero le 8 ore massime. L’entrata in vigore della legge fu fissata al 1° maggio 1876, cioè un anno dopo l’incontro di Ginevra.

Tra cortei e proteste, negli Stati Uniti centinaia di lavoratori iniziarono a manifestare nelle strade delle varie città per ottenere l’attualizzazione e perciò la messa in pratica di questo nuovo diritto dei lavoratori. Nell’ottobre del 1884, la Federation of Organized Trades and Labour Unions dichiarò il 1° maggio come data limite a partire dalla quale gli operai americani avrebbero potuto rifiutarsi di sostenere orari lavorativi più lunghi di otto ore. Finalmente, quindi, dal 1° maggio 1884, il limite orario era diventato legge in America.

Ufficialmente, il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. La Seconda Internazionale scelse questo come giorno dei lavoratori proprio basandosi, in modo simbolico, sui moti e le rivolte americane di pochi anni prima. Quelle del 1866, infatti, non erano state manifestazioni pacifiche come oggi le conosciamo.

A Chicago, i diritti espressi dai lavoratori erano in quell’anno stati repressi col sangue e le tensioni erano durate molti giorni dopo la manifestazione iniziale tra scontri di polizia e persone del corteo.

Una feroce repressione si era abbattuta a causa dei moti sulle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago, furono condannati a morte otto esponenti anarchici nonostante l’assenza di prove. Due di loro ebbero la pena commutata a ergastolo, uno venne trovato ucciso in cella; gli altri quattro furono impiccati l’11 novembre del 1887. I “martiri di Chicago” erano diventati il simbolo della lotta dei lavoratori.

Il 1° maggio 1890 si inizia a intensificare l’opera di sensibilizzazione sul significato dell’appuntamento annuale dei lavoratori, tra tensioni e rivolte. In Italia, il governo di Francesco Crispi vieta qualsiasi manifestazione pubblica per l’occasione e per i giorni successivi. Tuttavia, il 1° maggio 1890, per la prima volta su scala nazionale i lavoratori di tutti gli ambiti scendono in piazza per ricordare al mondo la potenza della classe lavoratrice. Inizia così la tradizione del 1° maggio.

Il 1° maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei “moti per il pane”, che coinvolgono l’Italia intera e, in particolare, terminano tragicamente a Milano. Nei primi anni del Novecento, si aggiungono anche la rivendicazione del suffragio universale, la protesta contro l’impresa libica e contro la partecipazione dell’Italia alla guerra mondiale.

Il 1° maggio: dal ventennio fascista ad oggi

Con il ventennio fascista, il 1° maggio viene proibito. Mussolini al potere decreta che la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma. Snaturata delle origini storiche, la festa non appartiene più ai lavoratori. Così, il 1° maggio assume vesti sovversive agli occhi del regime.

Successivamente alla Liberazione, nel 1945, partigiani, militari, giovani e lavoratori ritornano nelle piazze d’Italia per ripristinare il 1° maggio. Solo due anni dopo, questo giorno è segnato dalla strage di Portella della Ginestra e bisognerà attendere il 1970 per ritrovare calma nella manifestazione. Comunque, dal dopo guerra la celebrazione del libero lavoratore è sempre esistita.

Seppur con diverse modalità a seconda delle epoche, il 1° maggio resta un giorno fondamentale per non dimenticare il passato e i sacrifici avvenuti per ottenere una vita migliore; e per riconoscerci nel presente come coscienze consapevoli della storia e della propria posizione di cittadini lavoratori.