Memento audere semper”. Una frase latina che, così a un primo impatto, può non richiamare alla memoria l’immediato significato, l’uso che ne è stato fatto e la sua importanza storica. Per sapere come utilizzare tale frase in un contesto adeguato è bene conoscerne la storia e anche il suo passato.

Infatti fu Gabriele D’Annunzio a cambiare una frase, un motto in particolare, dei Motoscafi Armati Siluranti (MAS). Decise di dare sfoggio al termine “osare”, poiché “Motus animat spes” sembrava poco ardito.

L’utilizzo di questa frase latina non è ricollegata direttamente all’evento storico della “Beffa di Buccari”, compiuta tra il 10 e l’11 febbraio 1918 - d’Annunzio scrisse un messaggio diverso nelle bottiglie lasciate nella baia -, ma comunque il senso dannunziano che si respira è esattamente quello di “Memento audere semper”.

Cosa significa “Memento audere semper”?

Memento audere semper” è una frase latina originale di Gabriele D’Annunzio, coniata per ridefinire il motto dei Motoscafi Armati Siluranti (MAS). Infatti questi avevano già un altro motto a quale fare riferimento, cioè: Motus animat spes.

Ma cosa significano e perché questo cambio di motto operato dallo scrittore d’Annunzio? Motus animat spes si traduce dal latino come “la speranza anima il movimento”. Parole come speranza e anima poco avevano dello spirito forte (fascista) incarnato da Gabriele d’Annunzio, che in quei termini non vi ritrovava il sentire “ardito” che muoveva le vicende della Prima Guerra Mondiale (1915-1918).

La scelta ricadde un motto più tenace, più guerriero potremmo dire, ovvero “Memento audere semper”. La traduzione da latino:

Ricordati di osare sempre.

Il motto dei Motoscafi Armati Siluranti (MAS) prendeva forma dalla sigla “MAS”, rispettata attraverso le iniziali delle parole “Motus animat spes”. D’Anunzio rispetto lo stesso criterio con “Memento audere semper”.

Perché “Memento audere semper” è collegato all’evento di Buccari

Se si cerca in rete la frase latina “Memento audere semper” tra i primi risultati si trova l’evento storico (anche se irrilevante ai fini della narrazione sull’esito della Prima Guerra Mondiale) della Beffa di Buccari.

Con “Beffa di Buccari” si ricorda l’incursione italiana, compiuta attraverso dai MAS, nella baia di Buccari, oggi Bakar in Croazia. L’evento avviene, cronologicamente, tra il 10 e l’11 febbraio 1918, dopo la disfatta di Caporetto. L’incursione nella baia di Buccari fu un occasione per tentare di risollevare il morale agli italiani e alle truppe italiane impegnate nel conflitto contro gli austro-ungarici nella Prima Guerra Mondiale.

Durante l’incursione i mezzi della MAS riuscirono a rilasciare in acqua, vicino alla baia, tre bottiglie con i colori dell’Italia contenenti un messaggio scritto dallo stesso Gabriele D’Annunzio. Il testo recitava:

In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l’inosabile.
 E un buon compagno, ben noto - il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro - è venuto con loro a beffarsi della taglia.

Può non avere avuto un impatto essenziale sulla conclusione della Prima Guerra Mondiale, ma è passato alla Storia come uno dei tentativi (riusciti) di alzare il morale alle truppe ormai stanche e affaticate dalla guerra logorante di trincea.