Il Recovery plan prevede un investimento nella scuola pari a 32 miliardi (17%), ma in queste ore ci si domanda se basteranno per risollevare l’istruzione italiana.

I problemi della scuola non sono frutto dell’ultimo anno di pandemia, al contrario la crisi sanitaria li ha resi manifesti.

La scuola vive da diversi anni le conseguenze della mancata attenzione da parte della politica e i risultati sono evidenti soprattutto in questi giorni di litigi tra Regioni e Stato per le riaperture.

Oggi, a un anno di distanza, sono ancora gli stessi problemi a ostacolare il rientro in classe: sovrappopolamento, trasporti e sanificazione.

Recovery plan: il piano della speranza

La speranza del Governo è di far rientrare in aula il 100% dei ragazzi, almeno per questa ultima fase del calendario scolastico. Una speranza che si scontra con la realtà critica delle Regioni.

Il Governo ha deciso infine di scontentare tutti: un passo indietro sulla promessa di riaprire al 100% le scuole e un passo di troppo in avanti per le Regioni, che si sono ritrovate, dopo il Consiglio dei ministri, la notizia di una riapertura al 70% per le superiori senza essere interpellati.

Non sono bastati i 630 milioni investiti nella scuola nell’ultimo anno (331 mln sotto la direzione dell’ex Ministra Azzolina e 300 mln con l’attuale Ministro Bianchi) per risolvere i problemi strutturali che impediscono il rientro in aula.

Si guarda quindi al Recovery plan come piano per restituire alla scuola il ruolo importante che le spetta.

Recovery plan: 32 miliardi per l’istruzione (e la ricerca)

Il Recovery plan (Piano nazionale di ripresa e resilienza) si sviluppa in sei missioni:

  1. digitalizzazione, l’innovazione e cultura;
  2. rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. infrastrutture per mobilità sostenibile;
  4. istruzione e ricerca;
  5. inclusione e coesione;
  6. salute.

Al quarto posto troviamo il piano di investimento e riforma per l’istruzione e la ricerca, con il 17% del totale del Recovery plan, che equivalgono a 31,9 miliardi di euro.

Gli obiettivi sono il rafforzamento del sistema educativo, le competenze digitali e la ricerca. Si punta soprattutto all’innovazione e alla formazione degli insegnanti per approdare finalmente in una scuola 4.0. Un cambiamento che sarà sostenuto da un investimento nelle nuove tecnologie e un sistema di cablaggio nazionale.

Recovery plan: come saranno usati i 32 miliardi?

Nel documento del Recovery plan discusso non si parla di finanziamenti dedicati all’ampliamento delle classi o alla creazione di nuovi spazi. Una mancanza che pesa soprattutto in vista del nuovo anno scolastico e alla luce degli attuali problemi di sovrappopolamento.

Patrizio Bianchi, Ministro dell’Istruzione, ha sfruttato la piattaforma Radio 24 per ribadire quali saranno gli obiettivi principali degli investimenti del Recovery plan e tra questi figurano asili e ITS (Istituti Tecnici Superiori).

Una buona fetta del Recovery Plan sarà destinata alla rivalutazione degli ITS (1 miliardo e mezzo di euro) e sono considerati un vero e proprio investimento sullo sviluppo.

8 milioni invece saranno destinati alla formazione degli insegnanti per la didattica a distanza.

Questa iniziativa punta a conquistare l’attenzione dei più giovani, aiutandoli a gestire il web in maniera consapevole e critica.

Ultimo, ma non per importanza, Bianchi ha parlato di finanziamenti ai nidi e alle materne, soprattutto nel Mezzogiorno. Anche qui l’obiettivo finale è lo sviluppo economico. Infatti si punta a incrementare i servizi di assistenza per incentivare le donne, che si fanno carico della maggior parte dei lavori di cura, a investire il proprio tempo nel lavoro.