Il Recovery plan del governo Draghi non sembra agevolare i lavoratori che volevano andare in pensione prima dei 67 anni di età imposti dalla Legge Monti-Fornero del 2011.

Infatti, la sperimentazione di Quota 100 finisce con il termine del 2021 e dal 2022 sarà possibile richiedere la pensione anticipata solo per professioni usuranti, ossia maestri d’infanzia ed educatori degli asili nido, e per poche altre categorie.

Ad oggi, per il governo Draghi non sono in alcun modo previsti provvedimenti per agevolare l’anticipo pensionistico. Com’è stato dichiarato nel documento pervenuto alla Tecnica della Scuola, eliminare la possibilità di pensionamento anticipato e attuare in pieno le passate riforme pensionistiche è una manovra di Governo volta a ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare così, margini per altra spesa pubblica e sociale.

L’Italia, infatti, per l’assegnazione dei 221,5 miliardi di euro del Recovery fund ha dovuto fornire a Bruxelles le garanzie richieste dall’Europa. Prima fra tutte: non aumentare la spesa previdenziale. Secondo l’Europa, nel pubblico impiego in Italia ci sono troppi pensionati. Se questa misura da un lato non crea spazio per i giovani, dall’altro evita in linea teorica un peso nella spesa pubblica.

Dal 1° gennaio 2022, quindi, si torna in toto alla Legge Monti-Fornero: possibilità di pensione a 67 anni di età, limite che con l’aumento delle aspettative di vita comincia a crescere, o con 42 anni e 10 mesi di contributi (uno in meno per le donne). L’eccezione vale per maestri d’infanzia ed educatori degli asili nido, considerate categorie con mansioni logoranti.

Cosa resta del pensionamento anticipato

Con il ritorno alla Legge Fornero, niente misure di flessibilità. Tra l’altro, i limiti posti a requisito dell’età pensionabile potrebbero rischiare di aumentare ogni due anni. Niente più Quota 100, quindi. Questo significa che dal 1° gennaio 2022 potranno andare in pensione con Quota 100 soltanto coloro che ne avevano maturato i requisiti (almeno 62 anni di età e almeno 38 anni di contributi) entro il 31 dicembre 2021 grazie al principio di cristallizzazione.

Tra le proteste dei sindacati e i cambiamenti imposti dal Recovery fund, si pensa tuttavia, come tutela, a prevedere comunque una possibilità di anticipo pensionistico per alcune categorie di lavoratori, anche del mondo della scuola. Ad esempio, per gli educatori dell’asilo nido e i maestri d’infanzia, considerate professioni usuranti i canali di pensionamento anticipato già esistenti potrebbero essere estesi, divenendo così più flessibili.

Nella possibilità di anticipo di pensionamento rientrerebbe anche una riconferma dell’Ape sociale, alla quale potrebbero accedere (con almeno 63 anni di età) alcune categorie di lavoratori in difficoltà, tra cui i disabili o i disoccupati di lungo corso.

Per di più, l’Opzione Donna potrebbe essere riconfermata e diventare un elemento chiave del nuovo sistema pensionistico. L’Opzione Donna riguarda anche le scuole e in particolare le donne che abbiano compiuto 58 anni di età entro il 31 dicembre 2020 e maturato almeno 35 anni di contributi entro la suddetta data. Per loro è previsto l’accesso alla pensione dal 1° settembre 2022, previa presentazione della domanda. La domanda, che si doveva presentare nel 2020, presenta oggi una proroga: potrà essere richiesta anche nel 2021 con decorrenza dal 2022. La proroga di Opzione Donna dovrebbe esserci anche nel 2022, ma per il momento non ci sono ancora conferme.

Per quanto riguarda i cosiddetti “scivoli”, invece, Bruxelles sembra non essere d’accordo.